Un grande attore dimenticato: Tino Scotti, il cavaliere del palcoscenico. La sua maschera bizzarra, i suoi migliori film, le sue interpretazioni più riuscite

Tino Scotti, il cavaliere del palcoscenico, un grande attore oggi quasi dimenticato. Un attore, forse unico nel panorama dello spettacolo italiano, si cucì addosso alcuni personaggi che sono entrati nell' album di famiglia di più di una generazione. Sopra tutti il cavaliere(e Scotti sarà per sempre e per tutti il cavaliere) un po' mitomane, un po' imbroglione e un pò pasticcione e rompiballe che si intromette sempre negli affari degli altri: «Se gh' è, ghe pensi mi», è il modo tutto meneghino di presentarsi. Scotti saltava, gesticolava, parlava a mitraglia. E con quei baffetti da commenda e gli occhi mai fermi alternava meravigliosi nonsense a strampalate promesse e strafalcioni.
Tino Scotti, soprannominato il cavaliere del palcoscenico è un attore, forse unico nel panorama dello spettacolo e del cinema italiano. Si cucì addosso alcuni personaggi che sono entrati nell’ album di famiglia di più di una generazione. Sopra tutti il cavaliere(e Scotti sarà per sempre e per tutti il cavaliere) un po’ mitomane, un po’ imbroglione e un pò pasticcione e rompiballe che si intromette sempre negli affari degli altri: «Se gh’ è, ghe pensi mi», è il modo tutto meneghino di presentarsi. Scotti saltava, gesticolava, parlava a mitraglia. E con quei baffetti da commenda e gli occhi mai fermi alternava meravigliosi nonsense a strampalate promesse e strafalcioni.

Tino Scotti (1915-1984) è stato uno dei più grandi attori del cinema e del teatro italiano e iniziò la sua carriera come attore di teatro, calcando le assi di palcoscenici sui quali venivano prodotti spettacoli di varietà e di teatro di rivista. Dotato di una memoria eccezionale e di una fantastica capacità oratoria, si contraddistinse per la velocità e la precisione delle sue parlate, sempre convulse e frenetiche, ma mai incomprensibili. Per questo motivo, venne benevolmente soprannominato Tino “Scatti”. Da bravo attore e caratterista,inventò due personaggi destinati a segnarne il successo: il cavaliere con il famoso motto “ghe pensi mi” ed il bauscia, emblemi di una milanesità agli antipodi. Se il secondo era uno sbruffone, il primo impersonava il ruolo del gigolò assennato: entrambi erano però lo specchio della personalità dell’attore, di gran classe e mai volgare. Stilizza perfettamente l’essenza della milanesità con le sue bizzarre interpretazioni del bauscia/ragioniere/ commendatore simpatico, cialtrone e inconcludente ( “Ghe pensi mi!”- Ghe, nome; Pensi, cognome; Mi, targa Milano”). Schizzato ed elegante, incanta lo spettatore con battute lanciate a velocità supersonica e mossette da crisi nervosa, con tanto di occhi roteanti. Il più bizzarro artista dello spettacolo e del cinema italiano, ma nello stesso tempo, nonostante la frenetica parlantina, l’attore più vicino ai grandi attori del muto, come movenze fisiche e visive. Tino Scotti comincia come disegnatore ma trova presto grandi consensi come attore di varietà. Accanto ai più grandi attori del suo tempo si dimostra sempre all’altezza della situazione. Canta, balla recita, si muove in modo eccentrico creando nei dettagli i suoi personaggi proprio come nei fumetti grazie ai suoi studi. Attore colto,Tino Scotti è la parlantina perfetta punteggiata dal corpo sciolto dell’eccentrico. La maschera precisa che mitraglia il pubblico di parole, fatti e conclusioni impossibili. La proverbiale memoria al servizio di un caratterista di talento. La classe contrapposta alla volgarità.La frenetica attenzione al tempo della battuta, la grande dedizione per il dettaglio. Grande protagonista del varietà in teatro, nel cinema, alla radio.Tino Scotti è dunque, il clown. E’ Fellini lo rende immortale nel 1970 includendolo nel suo celebre film “I Clowns”. Immortale inoltre, il suo duetto con Mina, nel varietà televisivo “Bambole, non c’è una lira”(1977). Il suo è stato un cinema da “primo attore”, almeno nel primo quinquennio degli anni ’50, tanti film, alcuni di questi molto riusciti e tutti incentrati sulle sue non usuali doti comiche. Ritorna poi, da protagonista o co-protagonista nel cinema corale dei primi anni ’60, in film leggeri ma molto divertenti. Tutto questo prima di approdare al teatro impegnato (stupenda la versione diretta da Giorgio Strehler de “Le baruffe chiozzotte”) mettendosi alla prova anche con il teatro d’ autore, con Shakespeare e Goldoni, sotto la guida di Giorgio Strehler e Franco Enriquez. «Tino era un uomo particolare – aveva dichiarato proprio Strehler nel giorno della scomparsa dell’ attore milanese -, aveva creato la sua storia nel teatro leggero, ma era un grande attore all’ italiana, di quelli che possono fare tutto e con buon successo». E infatti saranno un buon successo i suoi film, i suoi programmi di varietà in tv, e perfino una delle più famose pubblicità del Carosello (quella del confetto Falqui) che chiudeva il siparietto con quel «Basta la parola» che si trasforma in un tormentone. Anche il cinema impegnato si accorse di lui e lavorò con registi del calibro di Bernardo Bertolucci ( “La strategia del ragno”-1970), Elio Petri ( “Todo modo”-1976), Tinto Brass, quando è ancora un promettente regista sperimentale ( “L’urlo”- 1968) e Fellini, che lo volle per il suo omaggio al magico mondo del circo e dei suoi clowns ( “I clowns”-1970). Lavorò anche con Giorgio Strehler in teatro, nella riproposizione di un’opera di Carlo Goldoni, “Le baruffe chiozzotte”, trasmesso dal Primo Canale nel 1966. Quasi 30 film da protagonista o co-protagonista, più un’altra dozzina almeno in parti secondarie, una carriera cinematografica importante, di prim’ordine, che proverò a ricostruire attraverso le sue pellicole più riuscite. Un cinema il suo, si leggero, divertente e stravagante, ma che fa riflettere, con classe, eleganza e zero volgarità. Un cinema il suo, che è oggi oggetto di una attenta rivalutazione. Il suo film più riuscito: “E’ arrivato il cavaliere!”(1950), diretto da due registi importanti come Steno e Mario Monicelli, è stato restaurato nel 2007 e presentato al festival di Venezia nell’edizione di quello stesso anno. Un piccolo gioiellino ritrovato, dopo anni di oblìo: un giusto tributo ad un grande artista, uomo e attore di indiscusso valore.

 Fotografia di scena della commedia
Fotografia di scena della commedia “Ghe pensi mi” di Marcello Marchesi, con Tino Scotti, Pia Rame, Anna Carena, Sandra Mondaini, Anni Celli. Tino Scotti ha inoltre interpretato testi teatrali impegnati come “Le baruffe chiozzotte” di Carlo Goldoni, per la regia di Giorgio Strehler.

♦ Il cinema di Tino Scotti: la sua maschera, i suoi migliori film, le sue interpretazioni più riuscite

Il debutto da protagonista assoluto di Tino Scotti avviene nel 1950, l’anno in cui Steno e Monicelli in tandem, scrivono per lui una commedia divertente e stralunata, tutta incentrata sulle sue assurde gestualità e sui strampalati giochi verbali: “E’ arrivato il cavaliere!”, che peraltro è ispirata alla piece “Ghe pensi mi” interpretata in teatro dallo stesso Scotti. E’ comunque un riuscito adattamento della stessa commedia teatrale di successo firmata da Marcello Marchesi con uno scoppiettante Tino Scotti, sempre magnificamente sovra-eccitato e iper-attivo. La trama, frammentata ed episodica, come l’originale teatrale, non sempre funziona, ma alcuni momento rimangono di grande effetto comico sopratutto le sene con il pestifero e viziatissimo figlio del “cummenda” (il piccolo ha cinque anni ma ciò non gli impedisce di giocare a poker, bere vino e fumare una sigaretta) e la strampalata città sotterranea dove vive il protagonista assieme ad altri sfollati della seconda guerra mondiale. Il film è anche pieno di battute e riferimenti a eventi di cronaca dell’epoca, non sempre di facile interpretazione oggi: un esempio su tutti le reiterate battute su “gli svedesi che sanno giocare a calcio” (riferimento a Gunnar Nordahl celebre attaccante del Milan). La pellicola, facendo perno sulla frenetica comicità di Tino Scotti, trascrive in immagini la commedia leggera Ghe pensi mi (1949; soprannome dell’esagitato protagonista). Il pretesto è quello di una sorta di città dei barboni alla periferia di Milano la quale sta per essere smobilitata per esigenze “immobiliari” legate al solito riccone di turno. Il nostro “cavaliere” – una specie di vagabondo, ricalcato sullo Charlot di Tempi moderni (1936), che però parla continuamente – riesce a sventare il pericolo: a Ostia aiuta un ministro dall’aria democristiana in dolce compagnia a non farsi scoprire (la moglie è in agguato) e ottiene in cambio il terreno ove dimorano i suoi amici mendicanti. Lo spunto narrativo, che verrà poi sviluppato nel più noto Miracolo a Milano (De Sica, 1951), è la scusa per una serie di vignette più idonee al palcoscenico della rivista che alla verosimiglianza fotografica del grande schermo, ma il risultato risulterà talmente bizzarro da funzionare, così come l’interpretazione di Tino Scotti, elegante e quasi sempre, volutamente, sopra le righe. Il pubblico apprezzò, tanto che il film arriverà ad incassare più di 250 milioni di lire, viceversa alla critica piacque molto meno.

Foto di scena dal film
Foto di scena dal film “E’ arrivato il cavaliere”(1950), la pellicola più riuscita di Tino Scotti.
La locandina originale del film
La locandina originale del film “E’ arrivato il cavaliere!”(1950)

A questo punto per Tino Scotti, si aprono le porte del grande cinema e lo ritroviamo l’anno successivo nel film “Milano miliardaria” scritto e diretto dai soliti Marchesi e Metz. Gli autori ritornano sul tema del tifo calcistico che avevano già affrontato da sceneggiatori in “Undici uomini e un pallone” (Simonelli, 1948) e firmano questa volta una pellicola assai gradevole, grazie soprattutto alla buona sintonia ottenuta tra un copione ricco di trovate e un cast affiatato ed esuberante, nel quale Tino Scotti, per quanto mattatore, non viene lasciato solo. La vicenda è incentrata sulla contrapposizione di due tifosi fanatici: il fotografo Luigi Pizzigoni (Scotti), interista pronto a sacrificare tutto alla propria squadra e il parrucchiere Peppino Avallone (Dante Maggio), accanito seguace del Napoli ma ancor più innamorato dell’affascinante signora Vittoria Pizzigoni (Isa Barzizza). Tra scommesse e lazzi di ogni genere si giunge alla sfida finale: in occasione di Napoli – Inter Peppino gioca il proprio negozio contro le grazie della signora Pizzigoni. Segue una complicata trasferta a Napoli dove le due tifoserie si affrontano dapprima a suon di canzoni (basate sull’eterna questione dei “terroni” oriundi che amano Napoli ma non mollano la “Madonnina”), poi allo stadio. Nel frattempo Vittoria e la fidanzata di Peppino – informate della sfrontata scommessa (la tematica scabrosa costa al film la qualifica cattolica di “escluso”) – piombano a Napoli e vanificano i progetti del parrucchiere innamorato. Il racconto è vivace, giocato su battute e trovate quasi sempre divertenti, si avvale di una doppia ambientazione (milanese e napoletana) che offre qualche scorcio suggestivo ed inoltre affronta tematiche non del tutto scontate. Il film, il cui titolo allude a Napoli milionaria di De Flippo (un grande successo del 1950), testimonia con toni bonari la contrapposizione tra meneghini e oriundi nella Milano accogliente e produttiva che tutti conoscono, un tema destinato a rimanere centrale nel mezzo secolo successivo; inoltre ripropone e, a suo modo, caldeggia la questione del tifo sportivo sul quale si fa ampio conto per poter sviare le tensioni sociali, sia quelle suscitate appunto dalla quotidiana convivenza di “etnie” parzialmente differenti, sia quelle relative alla cosiddetta lotta di classe in un’epoca di benessere ancora poco diffuso. Scotti e Maggio duettano con grande convinzione e garantiscono una simpatica esuberanza agli eventi della narrazione; alle loro vicende calcistiche si aggiunge la brillante storia secondaria del gelosissimo cavaliere Furioni (Mario Carotenuto) la cui moglie Italia (Franca Marzi) passa senza pudori da un amante all’altro.

Tino Scotti esilarante tifoso dell'Inter in trasferta a Napoli, nel divertente film
Tino Scotti esilarante tifoso dell’Inter in trasferta a Napoli, nel divertente film “Milano miliardaria”(1951).

Tino Scotti è poi perfetto, nel ruolo del capufficio milanese, trapiantato a Milano, nel capolavoro comico di Aldo Fabrizi, “La famiglia Passaguai”(1951), qui Tino Scotti, che ha il terzo nome in locandina, è bravissimo nel rubare la scena allo stesso Fabrizi e a Peppino De Filippo, disegnando in maniera memorabile la figura di questo capufficio pieno di sè, agitato, che cerca di sedurre la propria avvenente segretaria ( Nyta Dover), e rischia di essere scoperto in flagrante dalla moglie sulla spiaggia di Ostia. Vengono poi altri titoli degni di nota, come “Fermi tutti, arrivo io!”(1953), restaurato da poco, che è un piccolo gioiellino di comicità dissacrante ed esplosiva, sorretto quasi interamente dalla verve comica di Tino Scotti, strepitoso nei panni di un investigatore pasticcione e bislacco fino all’inverosimile. Il film si sviluppa come un giallo-comico, in cui ampio spazio è affidato alla storia e ai comprimari. Risulta particolarmente riuscita l’utilizzazione di Tino Scotti come corpo estraneo surreale, in grado di rompere con la sua dirompente illogicità e i suoi esilaranti giochi di parole a raffica, gli schemi di un giallo, altrimenti mediocre e scontato. E’ la storia di un omicidio compiuto in un famoso albergo di Napoli, e in cui si reca ad indagare un paziente commissario di polizia (Carlo Romano), nonostante l’intrusione di un investigatore pasticcione (Tino Scotti) ed un’accanita lettrice di gialli (Giovanna Ralli). Divertente l’inseguimento finale, in stile slapstick, quasi un omaggio alle comiche del muto, che conferma come Tino Scotti, tra i grandi comici del nostro cinema, sia il più vicino per movenze, alle comiche del muto, nonostante la sua proverbiale parlantina. Curiosità: tra i co-protagonisti c’è una giovanissima Giovanna Ralli alle prime armi; e tra gli sceneggiatori un quasi sconosciuto Ettore Scola. Ottimi incassi per un film che ha ritrovato la luce da poco e che merita un’ampia riscoperta, così come il suo strepitoso protagonista. Da riscoprire anche “Il tallone di Achille”(1952), che nonostante un clamoroso flop nelle sale all’epoca, è uno dei film più interessanti e più riusciti di Tino Scotti, anche da un punto di vista critico. Scritto e diretto da Mario Amendola e Ruggero Maccari, il film ha un ritmo vivace e un protagonista dalla verve eccezionale come Tino Scotti (forse esageratamente sopra le righe per il cinema: quasi sempre più fumettistico che realista, e questo è un pregio), circondato da una selva di volti tutti degni di nota: dal co-protagonista Paolo Stoppa a caratteristi sempre affidabili del calibro di Aroldo Tieri, Marisa Merlini, Luigi Pavese e con la comparsata del pugile Primo Carnera nei panni di sè stesso. Una storia comica, leggera e a tratti surreale è il terreno migliore per sbrigliare il brioso Scotti, perfettamente a suo agio nei panni di un cavaliere sgangherato, personaggio tipico del suo repertorio. Il suo film più bizzarro e forse più divertente. Del 1954 è poi, “Assi alla ribalta”, montaggio di scenette tratte dal repertorio delle più famose compagnie dell’epoca, tenute insieme dall’esile filo dell’indagine poliziesca. Sfilano così sui vari palcoscenici attori come Vianello, Tognazzi, Taranto, lo stesso Scotti in una divertente gara all’ultima risata. Ma del 1954 è soprattutto il film “Viva la rivista”, sul quale val la pena soffermarci un pò di più. E’ un film a episodi che ottenne un grande successo di pubblico grazie alla carrellata di nomi celebri: Walter Chiari, Tino Scotti, Carlo Dapporto. Ma è l’episodio interpretato da Tino Scotti, quello intitolato “Il gregario”, ad essere entrato nella memoria popolare. E’ uno dei più scoppiettanti e divertenti episodi del cinema italiano: qui Tino Scotti è scatenato nell’interpretazione di uno stravagante e generoso cavaliere milanese che fa in modo che, nella sua ultima gara ciclistica, un gregario conquisti l’agognata vittoria attraverso una serie di divertenti stratagemmi, pegno di futura felicità, per poter così sposare la sua amata. Un cortometraggio forse poco conosciuto, ma assolutamente favoloso!

La locandina del film a episodi di successo “Viva la rivista”(1953), con in primo piano l’immagine del grande Tino Scotti, tratta dall’episodio cui è protagonista, intitolato “Il gregario”. E’ uno dei più scoppiettanti e divertenti episodi del cinema italiano
La locandina del film a episodi di successo “Viva la rivista”(1953), con in primo piano l’immagine del grande Tino Scotti, tratta dall’episodio cui è protagonista, intitolato “Il gregario”. E’ uno dei più scoppiettanti e divertenti episodi del cinema italiano.

Verso la metà degli anni ’50, Tino Scotti rallenta un pò la sua carriera cinematografica, dedicandosi più frequentemente a quella teatrale, di rivista, che per la verità non ha mai abbandonato, neanche nelle scintillanti stagioni del cinema. Nel triennio 1957-59, infatti, Tino Scotti prende parte soltanto a due pellicole, per ritornare al cinematografo con una certa regolarità, a partire dai primi anni ’60. Certo, bisogna dire che la sua formula interpretativa, fumettistica più che realistica, sopra le righe più che pacata, era forse poco adatta al realismo che imperversava nella commedia italiana del decennio dei ’50. Adattare una commedia alle sue caratteristiche, significava velocizzare il ritmo del film, renderlo bizzarro e surreale, è ovvio dunque che è una formula che non poteva dare risultati sulla lunga, ma che comunque nella misura breve di un quinquennio (1950-55) ha prodotto risultati più che ottimali. Negli anni ’60, viceversa, Tino Scotti torna al cinema, in film popolari, ma di grande successo, riducendo la sua vena surreale e bizzarra, un pò per l’età che avanza, un pò per adattarla allo stile della commedia all’italiana degli anni ’60, ritrovando così uno spazio importante nel mondo della celluloide: “Destinazione Sanremo”(1959), in cui Tino Scotti, circondato dai più importanti cantanti dell’epoca, nei panni di un capostazione è la vera anima del film, nonché il vero protagonista; “Le ambiziose”(1961), nel quale interpreta il ruolo del commendator Bertolazzi, giudice ad un concorso di bellezza; “Bellezze sulla spiaggia”(1961), nel delizioso cameo di un commendatore pazzo; “Canzoni in bikini”(1963) in cui interpreta il doppio ruolo di due fratelli, proprietari di una casa discografica. Tra una scenetta e l’altra di Tino Scotti, peraltro molto divertenti, si esibiscono cantanti del calibro di Jimmy Fontana, Edoardo Vianello, Domenico Modugno e Ornella Vanoni. Nel 1962 torna a lavorare con il suo collega e grande amico Aldo Fabrizi nel film, “Twist, lolite e vitelloni”. Uno strepitoso assolo a due, in una farsa strapaesana divertente, a metà strada tra “Giulietta e Romeo”“I prepotenti”, tutta incentrata sulla loro rivalità, causa innamoramento dei loro rispettivi figli. Non certo originale come trama, ma sorretta dai due strepitosi interpreti, nell’insolito ruolo, Tino Scotti di un barone e sindaco di sentimenti monarchici; e Aldo Fabrizi nei panni di un albergatore di idee progressiste. I loro duetti, sempre divertenti, si acuiranno sempre più nel corso del film, per placarsi con il matrimonio dei rispettivi figli. Le scene furono girate interamente nel comune di Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo, dove il regista Marino Girolami risiedeva per buona parte dell’anno. Al fianco di Fabrizi e Scotti, anche attori del calibro di Riccardo Billi e Gino Bramieri, nei panni rispettivamente del barbiere e del parroco del paese. La scena dei quattro mentre giocano a carte, nel ritrovo serale è da antologia della risata. Da segnalare, in questo periodo, anche “L’assassino si chiama Pompeo”“Il medico delle donne”, rispettivamente nei panni di uno strampalato psicanalista e del cavaliere bauscia, suo cavallo di battaglia.

Tino Scotti con Riccardo Billi in una scena del film
Tino Scotti con Riccardo Billi in una scena del film “Twist, lolite e vitelloni”(1962). Negli anni ’60, l’attore milanese torna da grande protagonista nel cinema popolare, prima di ottenere la sua definitiva consacrazione negli anni successivi con le esperienze con Bertolucci e Fellini.

Rinvigorito dalle numerose pellicole dei primi anni ’60, che lo hanno rilanciato nel cinema popolare, grazie anche al successo di pubblico ottenuto, Tino Scotti, viene finalmente notato dai più grandi registi del nostro cinema, su tutti Bernardo Bertolucci, che lo volle per il suo “La strategia del ragno”(1970); e Federico Fellini che lo ingaggiò per “I clowns”(1970). Un film insolito a metà strada tra la parodia del genere documentario e l’omaggio al circo, di cui Fellini ha sempre amato la dichiarata falsità, il sapore di favola e soprattutto i clowns, “aberranti, grotteschi, ciabattoni e straccioni: ambasciatori ubriachi e deliranti di una vocazione senza scampo”. E Tino Scotti interpreta appunto uno dei clowns, il clown-notaio pasticcione, buffo e malinconico. Un attore sensibile, elegante, vicino allo stile delle comiche del muto, curioso, bizzarro e bislacco, inusuale e senza pari nella storia del cinema e del teatro italiano.

Il cast della pellicola
Il cast della pellicola “I clowns”(1970) di Federico Fellini. Tino Scotti, ovviamente truccato da clown, è il primo in basso a sinistra, nel ruolo del giudice-notaio, con tanto di enorme martello in mano. Il lavoro con un regista del calibro di Fellini, è un pò come il sigillo di qualità alla sua carriera cinematografica, tutt’altro che secondaria. Tanti film, tante ottime interpretazione, per un attore unico nel panorama italiano.

♦ I film principali di Tino Scotti

E’ arrivato il cavaliere (1950), regia di Steno e Mario Monicelli

-La famiglia Passaguai (1951), regia di Aldo Fabrizi

-Il mago per forza (1951), regia di Vittorio Metz e Marcello Marchesi

-Milano miliardaria (1951), regia di Vittorio Metz e Marcello Marchesi

-I morti non pagano le tasse (1952), regia di Sergio Grieco

-Il tallone di Achille (1952), regia di Mario Amendola e Ruggero Maccari

-Fermi tutti…arrivo io! (1953), regia di Sergio Grieco

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-Se vincessi cento milioni (1953), regia di Carlo Moscovini e Carlo Campogalliani

-Viva la rivista(1953), regia di Enzo Trapani

-Assi alla ribalta (1954, distribuito nel 1959), regia di Ferdinando Baldi

-Ridere, ridere, ridere (1954), regia di Edoardo Anton

-I pinguini ci guardano (1955), regia di Guido Leoni

-Valeria ragazza poco seria (1957), regia di Guido Malatesta

-Destinazione Sanremo (1959), regia di Domenico Paolella

tino scotti destinazione sanremo

-Le ambiziose (1960), regia di Tony Amendola

-Bellezze sulla spiaggia (1961), regia di Marino Girolami

-Il medico delle donne (1962), regia di Marino Girolami

-L’assassino si chiama Pompeo (1962), regia di Marino Girolami

-Twist, lolite e vitelloni (1962), regia di Marino Girolami

-Canzoni in…bikini (1963), regia di Giuseppe Vari

-Un marito in condominio (1963), regia di Angelo Dorigo

– Le baruffe chiozzotte (1966), regia di Giorgio Strehler, film tv

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Tino Scotti: “Falqui, basta la parola”.

-Marinai in coperta (1967), regia di Bruno Corbucci

-L’urlo (1968), regia di Tinto Brass

– I clowns (1970), regia di Federico Fellini

-La strategia del ragno (1970), regia di Bernardo Bertolucci

-Sesso in testa (1974), regia di Sergio Ammirata

– Todo modo (1976), regia di Elio Petri

Domenico Palattella

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Una opinione su "Un grande attore dimenticato: Tino Scotti, il cavaliere del palcoscenico. La sua maschera bizzarra, i suoi migliori film, le sue interpretazioni più riuscite"

  1. Mi ricordo 70 anni or sono all’Ideal a Torino fece una gara e chiese tra il pubblico tre persone che raccontassero una barzelletta , la migliore veniva premiata con un servizio da tavola per 12 persone, la mia è stata la migliore pertanto ho vinto il primo premio (((( 12 stuzzicadenti)))))

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