“Fuocoammare”, il film che il Maestro Gianfranco Rosi ha dedicato al dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo tentano di arrivare a Lampedusa, ha vinto l’Orso d’oro della 66esima edizione del festival di Berlino. Gianfranco Rosi racconta Lampedusa attraverso la storia di Samuele, un ragazzino che va a scuola, ama tirare sassi con la fionda che si è costruito e andare a caccia di uccelli. Preferisce giocare sulla terraferma anche se tutto, attorno a lui, parla di mare e di quelle migliaia di donne, uomini e bambini che quel mare, negli ultimi vent’anni, hanno cercato di attraversarlo alla ricerca di una vita degna di questo nome trovandovi spesso, troppo spesso, la morte. Rosi non cerca mai il colpo basso, neppure quando ci mostra situazioni al limite. La sua camera inquadra vita e morte senza alcun compiacimento estetizzante ma con la consapevolezza che, come ricordava Thomas Merton, nessun uomo è un’isola e nessuna Isola, oggi, è come Lampedusa. Subito dopo la vittoria dell’Orso d’oro, il regista Gianfranco Rosi, ha dichiarato tutta la sua ammirazione per un popolo fiero, orgoglioso, ma anche carico di estrema umanità, quale è quello di Lampedusa, auspicando la vittoria del Premio Nobel della Pace, per gli abitanti dell’isola, primo avamposto europeo che si affaccia sull’Africa. “Il Premio Nobel agli abitanti di Lampedusa e Lesbo sarebbe una scelta giusta e un gesto simbolico importante. Loro sono un popolo di pescatori e per questo accolgono tutto quello che viene dal mare. Dobbiamo assorbire anche noi l’anima dei pescatori. Non ho mai sentito nessuno a Lampedusa, a Palermo o a Catania parlare di barriere, le stesse che alcuni stati d’Europa innalzano, vergognosamente, oggi: è questa la differenza tra l’Europa arida di sentimenti e l’Italia, terra che da sempre ha ospitato gente di etnie e razze completamente differenti”.