Al culmine della sua carriera Walter Chiari, venne arrestato il 22 maggio 1970 per una storia di spaccio e detenzione di cocaina. Dalla prima accusa, quella ben più grave, verrà successivamente prosciolto, ma intanto si sarà fatto ben 99 giorni di carcere. Ovviamente tanto più si è popolari, tanto più la caduta sarà rovinosa. Quasi come un’epica scalata di Coppi o Bartali, piano piano, Walter, ritrova il suo pubblico. Già nel 1974/75, tra uno spettacolo teatrale e un’apparizione in tv, il buon Walter, è già tornato al culmine della popolarità, impegnatissimo sui set di mezzo mondo e sempre al centro di numerosi flirt, con soubrette nazionali ed internazionali. Anche il cinema, quel mezzo d’arte, con il quale Walter ha legato le sue stagioni più belle, alla stregua dei critici che ancora non ne ammettono anche nel cinematografo il suo indiscusso valore, si riaccorge di lui, e lo riaccoglie in un tipo di cinema medio che gli fornisce l’occasione di un piccolo rilancio. Quella stagione che Walter si appresta a vivere, tra il 1974 e il 1979, è un breve ma non trascurabile rilancio come protagonista cinematografico, in seguito al gran successo commerciale di Amore mio, non farmi male, diretto da Vittorio Sindoni. Il tema serio (la scoperta della sessualità nell’adolescenza) è trattato con divertito e spensierato taglio narrativo, ben proposto sullo schermo da un regista che ha saputo confezionare ottime commedie. La trama è tutta incentrata su Anna (Leonora Fani) e Marcello (Roberto Chevalier), due adolescenti alle prese con l’amore e, soprattutto, con la scoperta della sessualità. I genitori dei due ragazzi (pilota d’aereo il padre di lei, ovvero Walter Chiari; avvocato il padre di lui, interpretato da Luciano Salce) si trovano a dover affrontare (e anche educare) i piccoli innamorati. Mentre il padre pilota (Walter Chiari) dimostra gelosia nei confronti della figlia, la madre di Marcello (Valentina Cortese) è ossessionata dalla (imminente) relazione sessuale del figlio; ma sarà la moglie del primo, Macha Méril, la più saggia e comprensiva, indirizzando e rassicurando i ragazzi verso le gioie dell’amore.
Riuscita e interessante pellicola, diretta da un regista che ha saputo confezionare dignitose commedie (su tutte risalta, in particolare, Perdutamente tuo… mi firmo Macaluso Carmelo fu Giuseppe) e che, almeno in questo caso, affronta con certo stile un argomento delicato, come la scoperta della sessualità. Lo fa grazie ad un ottimo cast, nel quale risalta, oltre a Walter Chiari un esilarante e irrefrenabile Luciano Salce, intelligente regista più volte – come in questo caso – prestatosi al ruolo di attore. Sindoni, oltre a saper gestire egregiamente una sceneggiatura prevalentemente ironica, dimostra anche buon gusto nella scelta complessiva del parco attori, andando a posizionare altri nomi interessanti in riusciti ruoli di contorno quali Ninetto Davoli, Gabriella Giorgelli, Leopoldo Trieste e Enzo Robutti. Amore mio non farmi male riscuote, giustamente, un successo inatteso all’uscita nelle sale, probabilmente e soprattutto per la presenza di Walter. Successo che ne decreta la messa in cantiere di altri due titoli (usciti nel biennio 1975/76) a comporre una divertente trilogia, realizzata con il medesimo cast tecnico/artistico, e composta, oltre che da questo film, da Son tornate a fiorire le rose e Per amore di Cesarina.
Il primo di questi due film, è strettamente legato con Amore mio, non farmi male, rappresentandone la sua naturale evoluzione e risulterà essere una nobile e riuscita commedia all’italiana. Girato un anno dopo, precisamente nel 1975, la pellicola ha lo stesso cast del precedente, ma sviluppato al contrario: se nel primo film la storia era vista dalla parte degli adolescenti (la Fani e Chevalier) adesso lo stesso tema -ovvero della sessualità- è affrontato sull’altro lato: durante la crisi dei genitori destinati a diventare “anche” nonni. E infatti, il film ci guadagna nel dare maggiore spazio ai duetti tra Chiari e Salce, e alle rispettive mogli Macha Méril e Valentina Cortese, scorrendo piacevolmente e facendo sorridere con un po’ di amarezza visto il melodramma che sta (in maniera quasi impercettibile) sempre sullo sfondo. Anche con l’avanzare della età non bisogna mai lasciarsi andare, ma anzi vedere il lato positivo che l’esperienza aggiunge al vissuto personale. Il successo di questa, che vedremo sarà poi una trilogia, e la compresenza in scena di 4 grandi “mostri” cinematografici, con Salce che quello stesso anno dirigerà Fantozzi, e Valentina Cortese reduce da Effetto notte, di Francois Truffaut, promuove questa serie di film, apparentemente messi in atto senza particolari pretese, nel cinema di serie A. Ipotesi e ambizione confermata con il successivo Per amore di Cesarina, che del quartetto conserva soltanto le gesta di Walter Chiari e rappresenta un film che arriva a rasentare il capolavoro e diventa il vero grande gioiello del Walter Chiari degli anni ’70: il suo compiuto rilancio. Ad esempio, il Mereghetti, sempre piuttosto severo e lucido nei suoi giudizi, scrive a proposito del film: “notevolissima soprattutto l’interpretazione di Chiari”. Per amore di Cesarina si issa quindi, come il capitolo finale (e indipendente) di una bella trilogia sulla psicologia della sessualità. Anche questa volta il regista lo fa con grande delicatezza, coadiuvato dal drammaturgo Ghigo De Chiara, distaccandosi però dai personaggi che compongono i primi due film per dare corpo ad una pellicola autonoma e indipendente con Walter Chiari sempre (ottimo) protagonista ma chiamato stavolta a rivestire un ruolo differente, pur sempre di ambientazione romagnola. Ne esce una commedia assai divertente grazie anche al supporto di Gino Bramieri, che fa da spalla a Walter e alla bella presenza di una acerba e sensualissima Cinzia Monreale, che ci offre alcuni topless da urlo.

Chiari quì interpreta con molta convinzione la parte di un uomo maturo invaghito di una ragazzina (e forse va aggiunto che il vissuto personale lo rende particolarmente adatto al ruolo). Si ride -sin dall’inizio, con il mancato incidente automobilistico lungo una agreste stradina di campagna- senza mai lasciarsi andare completamente alla distrazione più totale per via di un sottotesto presente (pur in tono lieve) che induce alla riflessione del tempo che “sfugge” e pertanto alla inevitabile malinconia legata alla “mezza età”. Sullo sfondo della vicenda si sviluppa la componente politica: i due “compagni” che si incontrano per caso dopo lungo tempo, con uno dei due, ovvero Chiari, che si innamora della figlia dell’altro. Prende una sbandata per la giovane ragazzina, scappa con lei, abbandonando la bella moglie (Valeria Moriconi) e la Pensione/Trattoria che gestiscono insieme. Inevitabile la svolta patetica del finale, con il nostro povero “latin lovers” che torna mestamente tra le braccia della moglie, perdonato per la sbandata “fuori tempo massimo”. Questo tono agro-dolce domina tutto il film e dà modo al pubblico e alla critica di riabilitare Walter e di comprendere una volta di più che sotto quella maschera di uomo frenetico, sempre a mille, fuori dalle “righe”, c’è un grande attore, il quale senza dubbio merita di essere considerato tra i grandi della commedia all’italiana, al pari di un Gassman o di un Tognazzi. D’altronde i 110 film della sua carriera parlano per sè.
Il successo di questa trilogia, dicevamo, rilancia le ambizioni cinematografiche del Walter Chiari anni ’70, e qui bisogna anche tirare un pò le orecchie a chi ha classificato come di “basso livello” o “mediocre”, quel tipo di cinema che Walter ha affrontato in questo decennio. Il “brutto” decennio sarà quello successivo, dove peraltro, bisogna annotare, che nell’unico film interpretato, ovvero Romance, Walter ha modo di operare l’interpretazione da applausi della sua vita. Sfiorerà la Coppa Volpi a Venezia nel 1986, letteralmente scippatagli per una misteriosa ingerenza politica, mai chiarita, ma avrà modo di ricevere applausi scroscianti e si aggiudicherà il comunque prestigioso Premio Pasinetti come migliore attore della kermesse, statuetta collaterale della Mostra del Cinema di Venezia, conferita dal SNGCI (Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani), per intenderci coloro che assegnano i Nastri d’Argento.

Ritornando a quegli anni ’70, il successo della trilogia, lo rilancia nel cinema. Interpreta anche tre film l’anno, spesso utilizzando l’idioma romagnolo, terra alla quale era molto affezionato e nella quale era solito passare molti mesi all’anno, soprattutto quelli estivi. Non a caso riviera romagnola, fa rima con movida, con estate, con le belle donne e quindi…con Walter! L’anno prima di Per amore di Cesarina, Walter prende parte al film La banca di Monate, altra pellicola considerata importante, che lo studioso Michele Sancisi, classifica come la più bella interpretazione del Chiari anni ’70. Il film è senza dubbio ben curato, arricchito da una sceneggiatura importante e ben costruita. Ne esce fuori uno spietato ritratto della borghesia imprenditoriale e della vita di provincia, sulla base dell’omonimo racconto di Piero Chiara, anche se questo film non riscuote il successo della “trilogia” della quale abbiamo parlato precedentemente. Ma non è male neanche Passi furtivi in una notte boia, film di argomento furtivo, sulla falsariga dei Soliti ignoti, ma in salsa romagnola. La pellicola ha un cast di grande interesse, c’è Walter, c’è Carmen Villani che si spoglia con parsimonia, c’è Carlo Croccolo, c’è Gianni Cavina e persino Pecorino-Carlo Delle Piane. E’ la storia del progetto di un colpo in banca da effettuare nella filiale del paesello romagnolo, da parte di una coppia (Chiari e Villani), che ha il desiderio di aprirsi un bar, ma non ha i soldi per realizzare il proprio sogno. Entrano in società con un geometra (Gianni Cavina), ma nella stessa notte anche un’altra pseudo-banda pensa allo stesso colpo. Nel caos finale, il colpo andrà addirittura a buon fine. Ancora una volta Walter si specializza, come quasi sempre negli anni ’70, in film che vogliono raccontare la sterminata provincia italiana, con le ambizioni piccolo-borghesi di rivalsa sociale, tipiche delle periferie “nostrane”.

Sullo stesso stile nel 1977, Walter prende parte ad un piccolo gioiellino, anche molto più riuscito del precedente, ma etichettato come “maledetto”. Parliamo de La bidonata una bellissima commedia nera del 1977 diretta da Luciano Ercoli, un regista di livello troppo spesso sottovalutato. La bidonata, vista oggi è una commedia semplice e genuina, che ha di fondo una simpatica originalità. Si narra dell’assurda storia di un trio di bonari malviventi, che escogitano uno scombiccherato piano, ovvero quello di rapire un rapito da una banda di sequestratori professionisti ed intascare loro il malloppo. Accanto a Walter Chiari, per quello che sembra un “Romanzo criminale” anni ’70, c’è un cast di vecchie glorie di alto livello: Maurizio Arena, Ettore Manni, Marisa Merlini, Vittorio Caprioli e Franca Valeri. Una commedia criminale amarognola, degna di riscoperta, ma che allora ebbe una distribuzione limitatissima, all’alba della sua uscita in sala e del suo prevedibile successo. Cosa ne condizionò gli esiti? Ironia macabra della sorte, il suo produttore Niccolò De Nora fu davvero vittima di un sequestro. De Nora infatti, venne rapito a gennaio del 1977, e la pellicola che sarebbe dovuta uscire in almeno 300 sale italiane, nel febbraio successivo, rimase per lungo tempo in una sorta di limbo. Risulta una sua veloce uscita nelle sale soltanto nell’estate dell’anno successivo, circa un mese dopo che i rapitori liberassero il povero De Nora, dopo una prigionia durata ben 524 giorni. Una volta liberato, in seguito al pagamento del riscatto, il produttore tornò al suo film. Ma la fortuna gli aveva voltato le spalle. La distribuzione fu così stentata da spingerlo a ritirarsi dall’attività. Quello che era dunque un buonissimo film, in seguito all’inasprirsi della stagione dei rapimenti, culminati poi proprio in quel 1978 con il rapimento e la successiva uccisione di Aldo Moro, resero il film impresentabile per quegli anni. Altri avvenimenti extrafilmici resero questo film “maledetto”. Si era detto sopra che il film avesse tre protagonisti. Dopo Walter Chiari, che è l’ideatore del piano truffaldino, gli altri due sono Maurizio Arena ed Ettore Manni, curiosità, entrambi furono tra i protagonisti di quel Poveri ma belli, che sembrava lontano ormai anni luce. E non solo per la disillusione che aveva colpito la società italiana, ma anche per le loro vicissitudini personali. Arena e Manni avevano vissuto un periodo di decadimento fisico e artistico e visibilmente ingrassati, rispetto ai fasti del passato, avevano provato la risalita. Quella de LA BIDONATA, sarebbe stata una buona occasione se non fossero sopravvenute quelle difficoltà descritte sopra. Entrambi poi, morirono due anni dopo, nel 1979, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro e in circostanze terribili. Manni, nel luglio di quell’anno, mentre puliva una Magnum 44, della sua collezione di armi, fece accidentalmente partire un colpo che lo ferì ad una gamba e l’attore morì dissanguato. Arena invece morì a novembre, dopo che aveva iniziato una curiosa carriera di guaritore. Alcuni problemi renali ed un blocco intestinale, unito a sofferenze molto pesanti, posero fine alla vita dell’attore simbolo della rinascita italiana di metà anni ’50. Insomma, La bidonata, possiamo dunque definirlo, probabilmente, come il film più sfortunato del cinema italiano, anche perché sarebbe potuta essere un’altra buona possibilità anche per lo stesso Chiari, per risollevare ulteriormente la sua carriera, che aveva comunque avuto una ripartenza meritata, ed è bello ammirarlo mentre per tutto il film parla una lingua simil-pugliese, rispolverando l’idioma di famiglia delle origini. Il film rimane un gioiellino, che ha avuto oggi la sua riabilitazione, recuperato in digitale e editato in DVD, merita di essere visto e riscoperto.
Negli ultimi anni del decennio, Walter prenderà parte quasi esclusivamente a film ad episodi, genere del quale era stato uno dei più importanti protagonisti nei primi anni ’60, quando andavano molto di moda. Il primo film di questa serie è Ride bene…chi ride ultimo e la curiosità più rilevante è che Walter è addirittura anche il regista del suo episodio. Prete per forza è il titolo del suo corto, interpretato insieme a colei che all’epoca era la sua compagna, ovvero la seducente e bellissima Annamaria Rizzoli. E’ la storia di un figurante di Cinecittà, vestito da prete, che si trova invischiato in un carosello di segreti e sotterfugi. Molto più azzeccati i successivi corti Amore coniugale e Melodramma della gelosia, rispettivamente con accanto Valentina Cortese e Olga Karlatos. Il primo corto fa parte del film corale Tanto va la gatta al lardo… ed è la divertente storia di due coniugi bolognesi, intenti a litigare, i quali non si avvedono che è scoppiata la guerra civile e che ribelli e poliziotti demoliscono loro la casa mentre intorno infuria la guerriglia urbana. Il secondo corto fa invece parte del film corale Ridendo e scherzando e narra la storia di una coppia che ritrova stimoli sessuali, ingaggiando un teatrante che finge di essere l’amante della moglie. Lo splendore di Olga Karlatos, bellissima attrice greca trapiantata in Italia, rende plausibile la vicenda e, udite udite, ebbe una breve relazione con il nostro Walter, a cavallo di questo corto, che è del ’78 e del successivo L’erede, del film corale Belli e brutti ridono tutti, del 1979.

Insomma Walter interpreta 12 film, tra il 1974 e il 1979; nel suo periodo riconosciuto “d’oro”, ovvero quello tra il 1964 e il 1969 ne interpretò 16. Una cifra quantitativa che non si discosta troppo da quella del decennio precedente, a riprova del fatto che quell’uomo, così colpito da quella storia del 1970 ha saputo riprendersi l’amore e l’affetto del pubblico. Vorrei fare un esempio per chiudere il cerchio: nel 1969 la compagnia di Walter è la prima in assoluto per affluenza di pubblico; dieci anni dopo lo spettacolo campione di incassi annuali è Hai mai provato nell’acqua calda? Chi era il suo protagonista? Ancora Walter… e come diceva Peppino in un famoso film con Totò [n.d.r. Totò, Peppino e la malafemmina], “Ho detto tutto”.
Domenico Palattella
Bibliografia
–Walter Chiari, un animale da palcoscenico, di Michele Sancisi
–Il Mereghetti. dizionario dei film
–Filmtv
Una opinione su "Il Walter Chiari degli anni ’70: una doverosa rivalutazione"