L’ultimo film del Maestro Federico Fellini, La voce della luna, è uno strepitoso elogio della follia, che è anche una satira della volgarità dell’odierna civiltà berlusconiana, sulla strada aperta qualche anno prima da Ginger e Fred. Geniale, bizzarro e onirico come solo un film di Fellini riesce ad essere, si avvale delle strepitose prove di Roberto Benigni e di Paolo Villaggio, sognanti e poetici poveracci che sembrano vivere in un tempo che non gli appartiene più. Le loro figure servono a Fellini per sintetizzare in maniera geniale l’Italia a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, così come Amarcord lo fu per il fascismo e La dolce vita per il boom economico. Il film consegnò a Paolo Villaggio il David di Donatello come miglior attore della stagione, ed ottenne, presentato fuori concorso, scroscianti applausi al Festival del Cinema di Cannes.